domenica 4 maggio 2014

IL MALTRATTAMENTO ECONOMICO



Mi è capitato negli ultimi giorni di parlare con alcune amiche, donne intelligenti e lavoratrici, di un fenomeno molto diffuso ma non abbastanza affrontato.

Parlo del maltrattamento economico, vera e propria forma di violenza.

Siamo purtroppo abituate ad associare la violenza agli atti fisici, ma dobbiamo sempre tenere a mente che qualunque situazione che ci privi della libertà in uno o più campi della nostra vita è, senza mezzi termini, violenza.

Quello che noi donne possiamo fare è lavorare su noi stesse per non metterci mai in situazioni di dipendenza, per quanto idilliache potrebbero sembrare.

Per maltrattamento economico si intende "qualunque situazione nella quale un uomo (o un'altra persona) limiti l'accesso all'indipendenza economica di una donna (o di un'altra persona in generale)."


Facciamo degli esempi pratici: 


1. La donna non ha un lavoro suo


In questo caso siamo costrette a chiedere a nostro marito/compagno denaro per qualunque esigenza. Generalmente lui ci rinfaccia che "gli costa troppo", quando invece noi utilizziamo il denaro per fare la spesa e per la gestione della casa e dei figli. 
Possiamo arrivare a trascurarci per non dover chiedere i soldi per andare dal parrucchiere o in palestra o per acquistare dei vestiti nuovi. 
Possiamo arrivare ad umiliarci sottostando a tutti i suoi voleri perchè pensiamo di non avere altra scelta.
Anche se in buona fede (spesso lo facciamo per garantire una vita decorosa ai nostri figli) non dobbiamo sottostare a questo ricatto morale.
Oltretutto in genere l'uomo non ci mette a conoscenza delle sue personali spese, e se proviamo a chiedergli giustificazioni di uscite economiche può anche arrabbiarsi. 
Potrebbe di fatto anche essere generoso con noi, ma non dobbiamo mai dimenticare che qualunque situazione in cui non siamo libere di gestirci non va bene. 
Tendiamo a sottovalutarci, affermando di non essere brave in nulla e che trovare lavoro è impossibile, ma ricordiamoci sempre che queste sono scuse che diciamo a noi stesse per non assumerci la responsabilità della nostra vita. 
Possiamo fare tutto, qualunque cosa. 


2. La donna ha un lavoro suo ma l'uomo di fatto gestisce i soldi


Anche questa situazione è particolarmente odiosa, perchè nonostante il fatto che lavoriamo lui ci obbliga di fatto a dargli i soldi che guadagniamo, con la scusa che lui sa come gestire le entrate e noi no (anche se invece siamo state brave a trovare lavoro!). 
Possiamo avere un conto cointestato che lui utilizza a suo piacimento o (nel caso di lavori atipici o in nero) potremmo essere costrette a dare a lui i contanti. 
Se lui vuole fare una spesa particolarmente ingente tutto è normale, però se noi abbiamo bisogno di denaro (che oltretutto ci siamo guadagnate!) allora crolla il mondo! 


3. L'uomo si rifiuta di pagare gli alimenti

Anche se il matrimonio è finito, il maltrattamento economico potrebbe continuare nel caso in cui lui si rifiutasse di adempiere a quanto stabilito per legge, cioè al mantenimento (soprattutto in presenza dei figli). 


4. Ricatti economici sul lavoro

Ecco un'altra forma di violenza economica alla quale spesso non pensiamo. 
Un datore di lavoro che ci costringe (più o meno esplicitamente) a fare cose che non vorremo fare facendoci credere che altrimenti ci farà perdere il posto di lavoro commette reato.
Non è necessario che ci chieda prestazioni sessuali (anche se spesso questa è la situazione più ricorrente).
Potrebbe chiederci di fare cose che non rientrano nei nostri obblighi contrattuali o di essere "gentile" con lui o altro. 
Il principio è che manipola il nostro stipendio ben sapendo che non possiamo farne a meno. 
Potrebbe ritardare i pagamenti di proposito per ricordarci psicologicamente che dipendiamo da lui.


COME USCIRNE?


Uscire  da una situazione di questo tipo è molto difficile, ma mai impossibile.
Questo è ciò che dobbiamo sempre tenere a mente.
Non dobbiamo pensare di non avere scelta perchè una scelta c'è sempre.
Chiedi aiuto ai vostri genitori se ciò è possibile.
Non pensare che in questo modo ti umilierai, perchè in realtà la vera umiliazione è permettere all'uomo violento di controllare la tua vita e la tua energia.
Cerca un lavoro che ti permetta di uscire da questo stallo.
Chiedi aiuto ai centri antiviolenza.
Chiedi aiuto ad un avvocato.
Chiedi aiuto ad uno psicologo.
Soprattutto lavora su te stessa per convincerti che vali molto di più di ciò che pensi!
Non sprecare il tempo a convincerti di quanto sia difficile uscirne, ma impiegalo per convincerti che ce la farai! 


COME NON ENTRARNE?



Rimani sempre fedele a te stessa, non delegare, non mettere la tua vita nelle mani di nessuno.
Questo non vuol dire assolutamente che non puoi crearti una relazione di reciproco scambio o sostegno, ma è vero o no che lo senti subito se quell'uomo ha qualcosa che non va e che non ti piace?
Ascolta il tuo istinto.
Se lui comincia a chiederti troppo o ti costringe a limitazioni o ti dice che è inutile che tu lavori, chiediti sinceramente se è questo che tu vuoi.
Parlane con altre donne o amici.

E ricordati sempre che ce la farai. 




venerdì 4 aprile 2014

LA LEGGE ANTI STALKING 38/2009

Iniziamo con la Legge 23 aprile 2009, n. 38, meglio nota come “Legge anti -stalking”.

In realtà la legge converte (cioè fa diventare effettivo ai sensi di legge) un decreto (cioè un atto emanato in momenti di urgenza “mentre” si prepara una legge) che si chiamava “decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”.

Puoi vedere infatti dalle date che prima fu emanato un decreto (cioè una misura urgente) nel febbraio 2009, diventato poi legge nell'aprile dello stesso anno.

Ok, qui finiscono i termini tecnici. Parliamo di Donne.

L’innovazione di questa legge è proprio nei termini “contrasto alla violenza sessuale e in tema di atti persecutori”.

Ti dico qual è la mia opinione da “addetta ai lavori”.

Ci sono già tante leggi che proteggono (almeno sulla carta) la donna.

Il mio timore è che quando non si riesce a far applicare una cosa che già esiste, si provi ad inventarne un’altra.
Resta il fatto che queste leggi esistono e ben venga! Utilizziamole.
Il cammino che facciamo noi parte innanzitutto da noi stesse, ricordalo sempre, ma è sacrosanto che esistano strumenti che ci assistono.

Questo vuol dire in poche parole che esistevano già delle leggi a tutela delle donne (e le vedremo), ma la 38/2009 apporta modifiche importanti a quelle stesse leggi.

Vediamo le modifiche più interessanti in breve.

Per il testo completo della Legge clicca QUI

Articolo 4
“…La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”.


Che vuol dire?
Vuol dire che spesso le donne non denunciano perché non sono indipendenti economicamente (Clicca QUI per sapere quali sono i diversi tipi di maltrattamento, tra cui proprio quello economico).

Per la legge viene ammesso al gratuito patrocinio (cioè senza sostenere spese) solo chi ha un reddito basso. Tutti gli altri si pagano l’avvocato da soli.
Per spingere le donne alla denuncia, si è stabilito invece che anche chi potrebbe normalmente per legge sostenere le spese legali, può usufruire dell’assistenza legale gratuita.
Io stessa, come consulente, ho rappresentato parti civili in gratuito patrocinio, e assicuro che è un pensiero in meno dentro la situazione già stressante di per sé.


Articolo 6 comma 7 - Piano straordinario di controllo del territorio
Per la tutela della sicurezza urbana, i comuni possono utilizzare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

Che vuol dire?

Che si è deciso di aumentare il numero di telecamere sparse nelle città per monitorare il territorio. Se da una parte questo viene interpretato come una violazione della privacy, dall'altro è un ottimo strumento che scoraggia un potenziale gesto violento.
Se ti trovi in un posto pubblico ma poco frequentato, specialmente se non è pieno giorno, fai attenzione alla presenza di eventuali videocamere di sorveglianza e posizionati lì vicino. 


Articolo 7 – modifiche al codice penale
Questo è uno degli articoli più importanti perché modifica il codice penale.
In pratica introduce un nuovo tipo di reato, il 612-bis: gli atti persecutori.     

Cosa dice?

Salvo che il fatto costituisca più grave reato (ad esempio se la violenza sfocia in omicidio), è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato
timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa...Il delitto è punito a querela della persona offesa (cioè bisogna fare una denuncia spontaneamente). Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi (cioè bisogna fare la denuncia entro 6 mesi dal fatto).

Che vuol dire?

In pratica il fatto di avere una relazione con una persona (o di averla avuta) è un’aggravante nel caso si faccia del male a quella persona.
Certo il punto sensibile e delicato è che dopo fatta la denuncia (se si arriva a farla) si deve tornare a casa da chi maltratta..





Articolo 8 - ammonimento
“Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale (cioè gli atti persecutori) la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta”.

Che vuol dire?

 
Nella pratica: non vuoi arrivare a denunciare tuo marito ma lo fai convocare in Questura per essere rimproverato…
Siamo d’accordo sul fatto che questo sia uno strumento utilissimo, ma immaginiamo le conseguenze di un’azione del genere?




E da qui partono altri articoli che puniscono una persona se è già stata ammonita in precedenza, che le impediscono di avvicinarsi alla donna, che ne limitano la facoltà di parlarle o frequentare i luoghi e le persone che frequenta lei. Questo però spesso incattivisce ancora di più.

L’articolo 11 - Misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori
dice che  “Le forze dell'ordine, i presidi sanitari (il pronto soccorso in pratica) e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia del reato di atti persecutori, hanno l'obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta.

Che vuol dire?


Che il carabiniere al quale stai denunciando il fatto, dovrebbe dirti qual è il centro antiviolenza più vicino a casa tua e, magari, chiamarlo per te.

Clicca QUI per conoscere il centro più vicino a casa tua.





E infine
Articolo 12 - Numero verde
Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità è istituito un numero verde nazionale a favore delle vittime degli atti persecutori, attivo ventiquattro ore su ventiquattro, con la finalità di fornire, nei limiti di spesa di cui al comma 3 dell'articolo 13

(sigh…se finiscono i soldi si stacca la linea)

un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica da parte di personale dotato delle adeguate competenze, nonché di comunicare prontamente, nei casi di urgenza e su richiesta della persona offesa, alle forze dell'ordine competenti gli atti persecutori segnalati. 

La Donna ha bisogno di partire da se stessa per non entrare o per uscire dalla violenza. 
Senza odio, rancore e vendetta, ma solo con amore verso se stessa.

Qui facciamo proprio questo.





sabato 29 marzo 2014

LE 4 FORME DEL MALTRATTAMENTO



Non esiste solo il maltrattamento fisico.

La violenza fisica è quella più manifesta, più evidente.
La donna che è stata picchiata riporta lividi, contusioni, fratture, lesioni.
Tuttavia ci sono altre forme di violenza, alcune più sottili ma altrettanto devastanti.
Le forme riconosciute del maltrattamento sono :




1. MALTRATTAMENTO FISICO

Si definisce come il danno fisico non provocato accidentalmente e con mezzi differenti: schiaffi, pugni, morsi, colpi alla testa, storcere le braccia, violente scosse, bruciature, strangolamento, soffocamento, contusioni e lacerazioni al capo, volto, collo, petto, addome




2. MALTRATTAMENTO SESSUALE

Definito come l’insieme delle molestie e aggressioni sessuali con costrizione e minaccia, costrizione a rapporti con terzi e/o visione materiale pornografico, costrizione alla prostituzione




3. MALTRATTAMENTO ECONOMICO

Comprende gli atteggiamenti volti a impedire che la partner diventi indipendente per poter esercitare su di lei un controllo “indiretto”: impedire la ricerca di lavoro, privazione o controllo dello stipendio, mancato assolvimento degli impegni economici




4. MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO

Questo tipo di violenza può esistere da solo, ma naturalmente come è facile intuire è sempre presente nelle altre forme. Consiste nell'intimidazione, nella minaccia, nella vessazione, nella denigrazione, nell'umiliazione, nel rifiuto, l’isolamento, il terrore, la deprivazione, la limitazione dell'espressione personale, il lavaggio del cervello, la colpevolizzazione, la perdita della stima di sé.


Riferimento : A. Baldry « Dai maltrattamenti all'omicidio » Franco Angeli 2007


mercoledì 26 marzo 2014

I 4 STADI DEL MALTRATTAMENTO



La donna, all'interno del maltrattamento, vive dei momenti psicologici ben distinti.
Sono queste sue  credenze, queste sue  resistenze, queste sue  colpevolizzazioni, che la trattengono all'interno della violenza.
Naturalmente ci si riferisce a quelle situazioni nelle quali la donna può, e deve, scegliere di uscire dalla violenza.
Troppi casi di cronaca ci raccontano di donne perseguitate che non riescono a fuggire da nessuna parte. In questi casi la legge e le forze dell’ordine devono intervenire con fermezza.
Quello che la donna può fare però è lavorare su stessa per spezzare la catena del maltrattamento

Secondo la D.ssa Walker, che ha studiato il fenomeno in modo dettagliato, la donna attraverserebbe immancabilmente 4 stadi.



Stadio 1. La Negazione

In questa prima fase della sindrome, le donne maltrattate negano di essere vittime di abuso.
Quale donna affermerebbe a cuor leggero di avere accanto un uomo violento?

"Non è possibile“
"E‘ un momento, passerà“
"Magari se cerco di essere più comprensiva“
"Come sono egoista, lui lavora tanto e mi chiede solo di accudire la casa“
"In fondo è un brav'uomo“
"No mamma, non preoccuparti, ho solo sbattuto contro una porta“…

Negare la realtà però conduce all'illusione.
L’illusione che le cose potrebbero, magicamente da sole, cambiare.
Così si entra nello...



Stadio 2. La Colpevolizzazione

In questa fase avviene una prima ammissione della situazione, caratterizzata però dall'assunzione di colpa per la violenza. 
La donna infatti inizia ad ammettere l'esistenza del maltrattamento poiché questo spesso diventa sempre più frequente e violento.
"Non può essere un caso, oramai mi picchia tutti i giorni“
"Ma cosa ho fatto di tanto grave?“

Tuttavia la colpa ancora non viene attribuita al maltrattante bensì a qualche ipotetica propria mancanza.
"Si, mi picchia, è vero, ma evidentemente ha i suoi motivi“
"Guardami, sono brutta e grassa, chi mi vorrebbe? Non so cucinare, non sono brava a letto, non so fare niente, sono fortunata che ci sia lui“…

La donna allora cercherà di compiacere l'uomo per rispondere ad un illusorio e irraggiungibile ideale di perfezione. 
Naturalmente questo non è possibile.
Fino a che...





Stadio 3. L'Illuminazione

In questa fase la donna inizia a comprendere l'ingiustizia e la gravità della situazione. 
Non riesce infatti più a trovare scuse per il comportamento dell'uomo e questo fa si che la donna ammetta infine che non è lei ad avere un problema, bensì l'uomo che la picchia. 
Tuttavia sceglie di rimanere ancora con lui vivendo in una sorta di dissonanza cognitiva (cioè le sue illusioni si scontrano con la realtà dei fatti). 
Può capitare infatti che la donna cerchi di "salvare" l'uomo che un tempo ha amato.

E‘ solo però se la donna passa alla quarta ed ultima fase che può uscire finalmente dalla violenza.
Solo se la donna compie un profondo lavoro interiore che la porta allo




Stadio 4. L'Attribuzione di Responsabilità

Il passaggio finale è rappresentato per la donna dalla consapevolezza di non poter aiutare l'uomo. 
È in questo momento che la donna può lasciare infine il suo maltrattante, quando cioè capisce di non poter fare nulla per lui e di rischiare la propria vita.


Riferimento: www.letswrap.com

lunedì 24 marzo 2014

IL CICLO DELLA VIOLENZA



Fu la D.ssa Lenore Walker a studiare in maniera sistematica il maltrattamento femminile.

Coniò il termine di BWS, cioè “Battered Woman Syndrome”, la “Sindrome della Donna Maltrattata”.
La definizione è corretta perché quando si parla di sindrome ci si riferisce ad una situazione che comprende al suo interno diversi fattori.
Il maltrattamento è un fenomeno purtroppo variegato, le donne sono differenti le une dalle altre, e le modalità con cui si mettono in atto i maltrattamenti possono essere differenti.
Quello però che secondo la Walker non cambia, è il cosiddetto Ciclo.

Il Ciclo della Violenza è un aspetto chiave per definire il maltrattamento.
Se una donna riceve uno schiaffo ed in seguito a questo gesto si allontana dall'uomo che l’ha picchiata una volta sola, allora non siamo di fronte ad una donna maltrattata.
Se una donna subisce una violenza almeno due volte ma rimane con quell'uomo, allora si trova all'interno di una relazione maltrattante.
Il ciclo della violenza si compone di 3 fasi ben distinte, ciascuna delle quali viene vissuta dalla donna in modo appunto ciclico, cioè a ripetizione.


1.      Prima Fase. Aumento della Tensione

L’uomo, per qualche motivo suo (e sottolineo suo) vive un momento di tensione. Può essere dovuto a problemi sul lavoro, ad un litigio con un amico, a problemi con l’alcool o con l’incapacità di gestire lo stress. Si scarica allora sulla donna, verbalmente. 
Partono insulti, denigrazioni, offese.
"Non sei capace nemmeno di cucinare un uovo al tegamino!“
"Ma come ti sei vestita, sembri una put…“
"Quel taglio di capelli fa schifo“
"Non riesci nemmeno a far stare zitto quel bambino che piange!“
"Sei solo brava a spendere i soldi che guadagno“…

La donna si sente completamente spiazzata da questo atteggiamento che l’uomo non ha mai manifestato prima e non sa come reagire. Prova allora ad assencondarlo. Ad essere brava. Ad essere come lui la vorrebbe. Ma, naturalmente, non funziona. E accade il primo atto di violenza, in genere uno schiaffo, a volte di più.

QUI LA DONNA DEVE DIRE STOP
Altrimenti si innesca la



2.      Seconda Fase. Esplosione della Violenza

In questa fase l’uomo non riesce più a gestire, se mai ne è stato capace, la tensione accumulata, e la scarica
sulla donna. 
Schiaffi, pugni, calci, uso di mezzi contundenti.
Il tutto viene anche accompagnato da insulti. 
L’uomo deve insegnare alla donna "come ci si comporta“
La donna cerca di giustificarsi! 
"Ho scotto la cena perchè ero al telefono con mia madre"
"Parlavo con quell'uomo ma non c’era nulla di più"
"Abbiamo avuto tante spese questo mese ma io non ho comprato nulla per me“…

L’uomo però si innervosisce sempre più.

E QUI IMMANCABILMENTE SI PASSA ALLA



3.      Terza Fase. Luna di Miele:

A dispetto del nome non c’è proprio nulla di romantico in questa fase. 
Il ciclo della violenza sii conclude sempre nello stesso modo, e cioè con l'uomo che si scusa e si pente di ciò che ha fatto. 
Promette di cambiare e che una cosa del genere non si verificherà mai più; inoltre l'uomo inizia a riempire la donna di premure, tanto che è proprio per questo motivo che questa terza fase viene definita la fase della luna di miele. 
Probabilmente è questo atteggiamento dell'uomo che illude la donna che realmente le cose possano cambiare, e questo è proprio l'aspetto paradossale della situazione: anche all'ennesima violenza la donna si convince che il suo uomo possa cambiare.



Walker, L. E., "The Battered Woman Syndrome" p. 95-97 New York, Springer 1984  






domenica 16 marzo 2014

BENVENUTA IN UN POSTO SICURO



Se sei arrivata qui, probabilmente stai vivendo negli Inferi.
Fermati un momento, perchè qui sei al sicuro.
Questa è casa tua, un posto in cui nessuno può farti del male.
Sono tante le Donne vittime di violenza.
Possiamo uscirne, puoi farcela.
Non pensare mai che sia finita
non pensare mai di essere sola
non pensare mai di cedere.
Tu hai il potere
tu hai la scelta
e non credere mai che non sia così.
Qui puoi trovare un confronto
un aiuto, degli strumenti.
Rifugiati qui fino a che 
non imparerai a rifugiarti nel tuo cuore.
Li, in quel posto pieno d'amore,
imparerai a far si che nessuno possa mai più farti del male.